Infezioni virali e malformazioni fetali

Novembre 26, 2018 by Giuseppe Cenzato0
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Autore Dott. Giuseppe Cenzato  ed Altri Sanitari

Pubblicato nella rivista “Ospedali ItalianiPediatria e Specialità chirurgiche

Le seguenti considerazioni sono da considerarsi puramente indicative, e non rappresentano ” linee guida ” da seguire in caso di infezione virale in gravidanza. Il consiglio, che riportiamo come determinante, è quello di rivolgersi ad uno specialista per studiare il caso singolo, visto che ogni infezione crea una situazione diversa dall’ altra.

Sono trascorsi 65 anni da quando Gregg riportò per primo le sue osservazioni su una correlazione tra la rosolia in gravidanza e malformazioni fetali. Sono stati fatti passi enormi in questo campo, ma anche in campi affini, scoprendo molte infezioni in aggiunta alla rosolia. Lo scopo principale di questo lavoro è di rendere noti i recenti progressi.

Sono state omesse le comuni opinioni concernenti il meccanismo delle malformazioni, e si procede invece direttamente alla esposizione di qualche argomento di comune interesse nei vari gruppi di infezioni.

Rosolia

Malattia causata da un “rubivirus”, gruppo dei “togavirus”, il cui contagio si trasmette attraverso le goccioline respratorie che si dissipano nell’ aria. Altra forma di contagio diretto avviene attraverso le secrezioni nasali.

La rosolia congenita è servita a lungo come esempio di malformazione. Frequentemente una infezione cronica diventa stabilizzata nel feto, causando non solo anomalie nell’ embrione, ma dando anche origine a fetopatie.

Le caratteristiche cliniche della rosolia materna e fetale dovrebbero essere familiari a tutti gli Ostetrici ed ai Virologi, e non necessitano di un riepilogo in questa sede. Un punto che può essere meritevole di menzione è quello che la rosolia non può essere diagnosticata con il solo ausilio della sintomatologia clinica : la conferma virologica è sempre necessaria. Il rischio di malformazione fetale da rosolia materna,  contratta nel I trimestre di gravidanza,  è così alto che la gravidanza dovrebbe essere routinariamente interrotta.

Senza dettagliare i programmi concernenti il rischio fetale alle varie epoche di gestazione, la attuale tendenza derivata dalle più recenti acquisizioni potrebbe essere schematizzata come segue:

  • L’ infezione primaria materna apporta il rischio maggiore; durante le prime otto settimane di gestazione l’ embrione è più esposto al rischio che non durante le successive otto settimane.
  • Tra le 16 e le 20 settimane il rischio fetale è un po’ più grande che in gravidanze non esposte al rischio.

Direttive per la rosolia in gravidanza

Le principali direttive, basate su recenti acquisizioni scientifiche,  sono le seguenti .

Quando la madre è esposta al rischio della rosolia durante le prime tre settimane di gravidanza :

  • Valutare al più presto possibile il livello sierologico di immunità
  • Ripetere il test dopo due settimane, per osservare un eventuale innalzamento del titolo
  • Se la donna è siero negativa ripetere nuovamente il test dopo quattro settimane dalla esposizione alla malattia
  • In caso di rosolia dimostrabile ( con significativo titolo anticorpale ) consigliare l’ interruzione della gravidanza.
  • Se il primo test sierico viene eseguito dopo un lasso di tempo così lungo dalla esposizione alla malattia che gli anticorpi trovati possono indicare infezione corrente, invece di immunità precedente, o se il titolo anticorpale è molto alto, è consigliabile misurare il livelli di IGM rosolia.

Negli anni scorsi si credeva che la somministrazione di gammaglobulina alla madre potesse essere indicata quando l’ esposizione alla rosolia avveniva nel primo trimestre di gravidanza. Attualmente si è concordi nell’ affermare che l’ unica arma efficace nella prevenzione consiste nella vaccinazione preventiva, con la necessità di vietare la gravidanza nelle epoche immediatamente successive ad essa (spesso si somministrano contemporaneamente contraccettivi).  Naturalmente sempre che la vaccinazione non sia già stata praticata nell’ epoca adolescenziale, nel qual caso basta controllare lo stato anticorpale specifico.

Si deve ricordare comunque che la vaccinazione non sempre conferisce una immunità sufficiente, ed in genere ha una durata limitata nel tempo.

Citomegalovirus

Virus della famiglia degli herpes virus, la cui trasmissione avviene attraverso la saliva, la via aerea ed i liquidi corporei ( urina etc.)

La scoperta di questo virus, ed il suo studio approfondito, ha determinato la convinzione che esso possa provocare disordini in quasi tutte le branche della conoscenza medica. Ed inoltre, nella maggioranza dei casi, le infezioni che ne derivano sembrano avere un decorso asintomatico. Il virus comunemente produce una infezione latente, che può in seguito riattivarsi in condizioni di diminuita resistenza immunitaria.

Il maggiore rischio del CMV indubbiamente è l’ infezione uterina ed il danno fetale che ne può derivare.

Oggi si è a conoscenza del fatto che le infezioni da CMV sono più comuni persino delle embriopatie da rosolia. Risultano possibili embriopatie, fetopatie ed infezioni perinatali. La prima cosa da definire è che la donna in gravidanza che contragga per la prima volta il virus, ha il rischio di trasmettere una infezione congenita al feto nel 30-40% dei casi. Però, dei feti contagiati, solo 2o3 su dieci riporteranno conseguenze. Tale infezione può anche causare un aborto spontaneo se contratta nelle prime epoche di gravidanza o , se contratta dopo la metà della gravidanza, può portare conseguenze al Sistema Nervoso Centrale (spesso visibili ecograficamente) : inoltre possono manifestarsi ritardo mentale, sordità congenita e corioretinite.

In definitiva la viremia da CMV può essere riscontrata in circa il 4% delle donne alla stessa epoca di gravidanza. In metà di questi casi l’ infezione è probabilmente primaria. Alla nascita, i neonati di madri affette da CMV risultano infetti in percentuale variabile tra 0,5 e 2 %. Di questi, il 10% ha difetti persistenti.

In genere, tali anomalie risultano maggiormente presenti quando l’ infezione è primaria o ricorrente.

Spesso la trasmissione del virus CMV dall’ uomo alla donna avviene attraverso il seme, e l’ infezione virale può essere documentata attraverso la ricerca del virus nelle urine maschili. In presenza del virus lo sperma che passa attraverso l’ uretra maschile può essere contaminato passivamente dal CMV.

Alternativamente il CMV potrebbe replicarsi all’ interno dell’ apparato genitale maschile.

Direttive per il CMV in gravidanza

L’ infezione è per lo più asintomatica e perciò rimane celata.

Quando si scopre una infezione da CMV in gravidanza :

  • Se l’ infezione primaria avviene nelle prime 12 settimane di gestazione, documentata con titolo anticorpale, il rischio di un cattivo sviluppo fetale eccede di poco il 5%.

Tale rischio deve comunque essere  valutato per l’ indicazione alla interruzione di gravidanza.

  • L’ isolamento del CMV dalla cervice uterina spinge a non adottare ulteriori precauzioni.
  • Se l’ infezione si presenta verso il termine della gravidanza, l’ interruzione di gravidanza non è indicata.
  • Se l’ infezione compare a seguito di una trasmissione durante il parto il neonato non sarà infetto.
  • Una madre con infezione da CMV può allattare, sebbene talvolta il virus venga escreto nel latte. L’ infezione può essere trasmessa al feto ma non appaiono sintomi, in quanto il neonato risulta protetto da anticorpi materni.

In ogni caso, l’ infezione da CMV, contratta nelle prime 12 settimane di gravidanza, può portare, nelle percentuali sopradecritte, a ritardo di crescita intrauterino, disturbi dell’ udito fino alla sordità e ritardo mentale.

Nei casi in cui si esegue il test alla donna gravida per la prima volta a circa metà della gravidanza, può verificarsi il caso che le IgM siano negative e le IgG siano positive (malattia pregressa presente, malattia attuale assente). Nasce il quesito di quando è stata contratta la malattia, se prima o dopo la gravidanza. In tali casi si esegue il “test di avidità” che può chiarire il dubbio.

L’ Amniocentesi rappresenta l’ unico esame in grado di farci conoscere se il feto ha contratto o meno la malattia, identificando la presenza del virus nel liquido amniotico.

Non risulta attualmente attuabile una vaccinazione preventiva efficace.

Herper simplex

Esistono due tipi siero logicamente differenti di herpes virus :

  • Tipo 1, che nei bambini provoca prevalentemente il  mughetto (herpes orale), mentre negli adulti provoca lesioni per lo più localizzate alle labbra e alla bocca.
  • Tipo 2, più comunemente diffuso come infezione genitale, che è di norma primaria nell’ età tra i 15 e i 25 anni.

I due tipi reagivano in maniera incrociate nei test, ma attualmente , con la evoluzione della diagnostica sierologica, risulta possibile individuare la tipizzazione in maniera estremamente precisa.

L’ herpes genitale risulta presente nelle donne gravide molto più frequentemente di quelle non gravide, con un rapporto di 3 : 1.

Il rischio di infezioni nel neonato aumenta con l’ avanzare dell’ epoca di gravidanza al momento dell’ infezione genitale materna. Il rischio al neonato dai genitali materni è stato calcolato in circa il 3% se l’ infezione materna è stata contratta entro le 12 settimane di gestazione.

Per infezioni materne contratte dopo la 32 settimana il rischio di infezione del neonato si aggira intorno al 10%.

La quasi totalità delle infezioni neonatali avviene tramite il contatto diretto al momento del parto, con le secrezioni materne: il rischio di trasmissione da madre infetta è del 30-50%.

Ne scaturisce la necessità di evitare l’ esposizione del neonato alle lesioni erpetiche durante il parto, e preferire, in questi casi, l’ espetamento del parto mediante taglio cesareo.

L’ infezione materna primaria di herpes virus di tipo 2 avviene prevalentemente in età fertile, il che incrementa il rischio di viremia materna e di infezione uterina transplacentare del feto. Poiché il rischio di infettare il feto durante la nascita non può essere escluso nell’ herpes genitale di tipo 2, si valuta la possibilità di far partorire queste gestanti con il taglio cesareo.

Altra alternativa consiste nel favorire il parto spontaneo nel caso che la rottura delle membrane amnio coriali avvenga entro le 4 ore dall’ evento parto.

Direttive per l’ herpes Simplex in gravidanza

Durante il primo trimestre di gravidanza l’ infezione materna generalizzata comporta il rischio di malformazione fetale, secondo le percentuali sopra descritte nelle varie epoche di gestazione durante le quali si contrae. In ogni caso l’ infezione da HS non costituisce una indicazione generale alla interruzione di gravidanza.

L’ opportunità del parto spontaneo è comunque sempre possibile, con riserva, per le seguenti ragioni :

  • Nelle infezioni materne primarie, con viremie, c’è il rischio maggiore che il neonato sia già stato infettato in utero
  • Se la madre ha infezioni ricorrenti il neonato è probabilmente protetto dagli anticorpi prodotti.

Il livello immunitario del neonato si valuta alla nascita e spesso non corrisponde al livello immunitario riscontrato all’ epoca della possibile infezione intrauterina.

Comunque, la decisione riguardante il parto di una donna con sospetta o manifesta infezione da HS  si basa su tre punti  :

  • La ricerca del virus sulla cervice uterina, e/o sul liquido amniotico
  • Gli studi sierologici
  • L’ accurata anamnesi del caso per scoprire se si tratta di infezioni materne primarie o ricorrenti

Varicella ed herpes Zoster

Virus della famiglia degli herpes virus. Causa anche la varicella. Il contagio avviene attraverso il liquido delle vescicole.

Queste infezioni virali si riscontrano su circa 5/10.000 neonati al momento della nascita. Tale percentuale si allinea alla rara presenza di varicella nelle donne in gravidanza .

L’ herpes zoster è più comune, e gli anticorpi materni sono raramente sufficienti a proteggere il feto. Una infezione materna in gravidanza, contratta entro le 12 settimane, o anche dopo, produce un rischio molto basso di contagiare il feto, inquanto il neonato viene protetto dagli anticorpi materni. In caso di contagio le malformazioni che ne possono derivare riguardano gli arti, la sindrome di horner, la disfagia, la corioretinite, la meningoencefalite.

Solo nel caso di un contagio nel corso di un parto spontaneo, in presenza di vescicole materne in atto intorno al canale del parto, il neonato può contrarre la varicella, con tutte le conseguenze di tale patologia alla nascita.

Restano comunque bassi i tassi di rischio, sempre considerando la possibilità di una diagnosi sierologica certa, dalla quale può scaturire la decisione di una eventuale interruzione di gravidanza. Le infezioni gestazionali tardive possono portare a varicella congenita. In questi casi, sebbene la condizione neonatale sia spesso non preoccupante, essa può diventare maggiormente patologica se la gestante è infettata durante le ultime settimane di gravidanza.

 

 

Riassunto

L’ Autore ha preso in esame gli agenti patogeni virali più comunemente riscontrabili in gravidanze, e le frequenti malformazioni fetali che questi inducono.

Si precisa che le infezioni da HPV ( human papilloma virus) vengono descritte in altro paragrafo delle stesso sito web.


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